A mio parere è una questione di notevole importanza, anche se a parlarne sono in pochi. Se non altro è per il semplice fatto di tutelare i consumatori che acquistano olio. Parlo della scadenza, o meglio, del tempo minimo di conservazione (TMC) dell’olio da olive. Per quest’ultimo infatti non si parla di scadenza ma di tempo minimo di conservazione, ovvero il tempo minimo entro il quale il prodotto mantiene inalterate le proprietà chimico fisiche riportate in etichetta.
Sapete, non è detto che l’olio che acquistate sia necessariamente dell’annata in corso e voi, probabilmente, non ve lo siete neppure mai chiesto. In queste settimane vado curiosando, in particolare nei supermercati, gli oli sullo scaffale e noto con apprensione che i consumatori guardano a malapena la scadenza e a malapena (dove c’è) l’annata di produzione.
Sulla base di quanto stabilito dalla Legge numero 9 del 2013, meglio conosciuta come “Legge Salva Olio italiano”, il termine minimo di conservazione non può essere superiore a 18 mesi dalla data di imbottigliamento e va indicato con la dicitura: “da consumarsi preferibilmente entro il” seguito da giorno, mese e anno nel caso non sia presente il numero di lotto, semplicemente mese e anno nel caso sia presente il numero di lotto. Vedete? Fate attenzione, dalla data di imbottigliamento e non dalla data di produzione.
Potremmo quindi trovarci difronte a due oli prodotti nello stesso giorno ma con “scadenze” del tutto diverse, questo perché magari uno è stato imbottigliato subito dopo aver franto le olive e l’altro imbottigliato sei mesi dopo o più. Il problema è che entrambi gli oli hanno subito lo stesso processo di deterioramento dovuto a processi ossidativi del tutto naturali dovuti al trascorrere del tempo.
Esempio: olio prodotto il giorno 10 novembre 2015 e imbottigliato lo stesso giorno, il 10 novembre 2015, dovrà essere consumato preferibilmente entro il 10 maggio 2017. Stesso olio, prodotto il 10 novembre 2015 e imbottigliato ad esempio il 10 settembre 2016 dovrà essere consumato preferibilmente entro il 10 marzo 2018. Stesso olio.
Ora, diciamola tutta. Innanzitutto questo discorso vale sia per gli oli prodotti da piccole aziende che per quelli prodotti dalle industrie olearie. Diciamo anche che non ci dobbiamo preoccupare se consumiamo un olio che abbia un’età superiore a 18 mesi, non si muore, ma è giusto che il consumatore abbia la consapevolezza di ciò che acquista e di ciò che mangia. Se un olio “nasce” di alta qualità, ad esempio con un alto numero di polifenoli e perossidi che non superano i 10 – 12, avrà una durata maggiore e quindi anche se lo consumate dopo un anno – conservandolo bene – noteremo ben poca differenza. Ancora una cosa: per gli oli a denominazione di origine (DOP e IGP) l’indicazione dell’annata di produzione è obbligatoria e pertanto c’è la sicurezza di consumare olio dell’annata in corso e questa è una buona garanzia per il consumatore. Sarebbero da preferire.
Insomma, le variabili ci sono e la legge permette di far trascorrere i diciotto mesi dalla data di imbottigliamento anziché da quella di produzione, ma voi potreste trovarvi a consumare un olio di 20 mesi convinti che sia olio nuovo. E questo, con tutta sincerità, non è corretto. Tutto qua.
Fonte: i templari del gusto
Etichettatura: redatta la Guida pratica del Ministero della Politiche Agricole
Un olio ha un TMC in funzione alla presenza di componenti con funzione antiossidante. Quindi può scadere dopo pochi mesi o dopo due anni (come le cultivar coratina o moraiolo). La legge “salva olio” è stata impugnata dall’UE e quindi cancellata. Ancora molti credono erroneamente che l’olio duri 18 mesi e questa falsa illusione porta al declassamento dell’olio, da EVOO a vergine, con le relative sanzioni.